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Voto dell'Umbria, voto d'Italia?

Non è bello puntare il dito contro gli sconfitti, specie il giorno dopo la batosta. Ma è di loro che voglio parlare oggi, perché ritengo che la sorprendente vittoria del centro-destra nella roccaforte rossa del centro Italia sia da attribuire all’azione congiunta di entrambe le parti: da un lato gli sforzi di Salvini & co.; dall’altro i demeriti di Di Maio e Partito Democratico.

 

Mi spiego meglio.

 

Un dato di fatto: Salvini sta tra la gente. Intercetta un elettorato stanco della propria condizione sociale e col suo fare c.d. populista riesce a soddisfare le attese dei suoi fan – che, il più delle volte si esauriscono in meri selfie col proprio beniamino.

Parla alla pancia del Paese e questo modo di agire viene criticato dai suoi oppositori. Si occupa, insieme alla Meloni, di temi che gli italiani (umbri e non) considerano concreti e percepiscono come priorità. Insomma, quando Salvini parla una parte degli elettori lo vota perché lo considera – a torto o a ragione – uno di loro.

Con questo modo di comportarsi l’attuale leader del centro-destra sarebbe oggi in grado di riscuotere un discreto successo, ma probabilmente senza esaltanti trionfi. Eppure, l’affermazione in Umbria è netta: perché? L’altra parte del merito ce l’hanno i suoi oppositori.

 

Del PD ho parlato spesso e l’analisi di quel partito si può sintetizzare con una locuzione: non sanno cosa vogliono fare da grandi.

Per cui oggi mi soffermerò su Di Maio, quale attuale leader del Movimento 5 Stelle. Questa, in estrema sintesi, la sua azione politica dell’ultimo anno e mezzo: ha costruito un’alleanza con Salvini il giorno dopo le politiche – per essere precisi, diversi giorni dopo le politiche – del 2018. Non poteva chiamarla alleanza, perché fino al giorno prima aveva detto sui palchi di mezza Italia che il Movimento 5 Stelle non fa alleanze – dell’altra mezza Italia se n’era occupato il suo collega Di Battista, che aveva espresso le medesime posizioni.

E allora l’alleanza è stata chiamata “contratto di Governo”. I suoi elettori ci hanno creduto? Hanno fatto finta di crederci? Sono rimasti delusi? Le elezioni europee – e la sconfitta che i 5 Stelle hanno subito in quell’occasione – ci dicono che la terza ipotesi è quella più accreditata.

 

Nulla quaestio, Di Maio va avanti come se nulla fosse, al massimo provando a marcare una linea di distinzione più netta tra lui e l’alleato di governo Salvini. Quest’ultimo, però, ad agosto cerca di andare al voto per capitalizzare alle politiche il buon risultato ottenuto alle europee. Stacca la spina al Governo convinto che si andrà al voto. Invece, contro ogni pronostico, il Movimento 5 Stelle e il suo capo politico optano per un accordo con i nemici di sempre: il Partito Democratico, Renzi, Boschi, Lotti, Zingaretti, e compagni(a).

Un accordo di palazzo considerato da diversi commentatori un vero successo in termini di tattica e strategia politica. Per altri, un semplice modo di evitare il voto e mantenere le poltrone. A quale delle due tesi ha aderito il popolo umbro non v’è dubbio. Il dubbio è se questo voto è sintomo locale o nazionale; dell’Umbria o dell’Italia.

Di Maio e tutto il suo Movimento – oggi sempre più partito politico vecchia maniera – deve fare i conti con gli elettori che ha deluso.

 

La domanda è lecita: dopo quante sconfitte elettorali un leader di partito – o capo politico di un movimento – deve defilarsi e lasciare il posto ad altri, magari più competenti ed esperti di lui? Occorre analizzare il risultato specifico di una singola elezione o il trend delle ultime due, tre, quattro tornate elettorali? In entrambi i casi i risultati dei 5 Stelle non sono confortanti.

 

Forse loro, come tanti (troppi?) in questo momento storico-politico, pagano il prezzo della mancanza di formazione politica, giuridica e culturale che si chiede – che tutti noi elettori dovremmo pretendere – alla classe dirigente di un Paese, guidata da chi arriva a dirigere un Ministero senza mai aver avuto un incarico da consigliere regionale o assessore comunale. E, come la storia qualche volta ha dimostrato, in mancanza di statisti, il popolo si accontenta dei populisti.

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Commenti: 2
  • #1

    ROBERTO B. (giovedì, 31 ottobre 2019 22:16)

    Condivido il tuo pensiero, e ritengo che Di Maio dovrebbe lasciare spazio a qualcuno che riesca a catalizzare nuovamente l'attenzione sul Movimento. Al contrario rischiano percentuali bassissime alle prossime regionali.

  • #2

    Primo Emendamento (sabato, 02 novembre 2019 12:00)

    Grazie Roberto per il tuo contributo. Aggiungo che, se Di Maio lasciasse spazio ad altri, servirebbero persone davvero preparate politicamente e culturalmente, oltre che carismatiche. Perchè recuperare dopo gli ultimi risultati sarà davvero un'impresa non da poco.