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Polvere sotto il tappeto

Quando c’è un problema, in genere, si può reagire in due modi: o lo si affronta, o lo si posticipa prendendo tempo e sperando si risolva da solo. Tendenzialmente, i problemi non si risolvono da soli. Altrimenti non sarebbero problemi veri e propri, e non sarebbe richiesta alcuna attività risolutiva.

 

Nel primo caso – quando si affronta un problema – si parla di risolutezza, professionalità, competenza. Questo vale sia quando il problema lo si supera, sia quando non vi si riesce. In tanti casi e in determinati campi, la cosa importante è essersi impegnati per migliorare una situazione, non per forza averla totalmente definita come si voleva.

 

Nel secondo caso – quando si rinvia un problema – si parla di inoperosità, pigrizia e, qualche volta, di codardia. Per definire questo comportamento, esiste un modo di dire: mettere la polvere sotto il tappeto. Rende benissimo il concetto. Non si elimina la polvere (problema), ma, subdolamente, la si nasconde (rinvia). L’inconveniente di questa (poco) astuta pratica è che spesso, col tempo, il tappeto si alza e la polvere riaffiora abbondante e molesta.

 

Oggi è ancora presto per capire quale immagine lascerà nella storia la pandemia che stiamo vivendo.

Tuttavia, in piena quarantena – ormai avviata ad essere appellata ottantena – chiusi a casa e con tutto il tempo a disposizione per leggere, informarsi e riflettere, la rappresentazione che descrive al meglio quello che sta accadendo è proprio quel modo di dire polvere sotto il tappeto. Con la differenza che, stavolta, il tappeto si è alzato e ci ha sommersi di tutta quella polvere nascosta negli anni passati che, nel frattempo, è diventata un cumulo di macerie.

 

È una polvere fitta, quella nascosta sotto il tappeto italico. Riguarda grattacapi e problemi rinviati per anni, che oggi stanno venendo fuori più violenti, perché improvvisi. Tutti gli ambiti della nostra comunità sono interessati e il quadro che ne emerge è di una desolazione sconcertante. È evidente – e la pandemia ci sta dando l’occasione per prenderne atto – che in pratica non funziona nulla, o quasi. Nessuno ha la bacchetta magica e nessuno può risolvere in poche settimane problematiche di lungo corso. Il Governo si sta trovando di fronte ad una situazione nuova e, per questo, vanno riconosciute attenuanti e – specie nelle ultime settimane – dei meriti.

 

Volendo fare una breve analisi, se ne ricava un quadro critico, dal quale l’unica certezza è che tutti gli aspetti della nostra società hanno bisogno di interventi drastici, sburocratizzazione e misure ad hoc, se si vuole davvero garantire servizi, sostegno e sicurezza ai cittadini.

 

Si pensi ad esempio al settore maggiormente colpito: la sanità. Tutto a rotoli, o quasi. Si salva solo – e non è poco! – la competenza e determinazione di medici, infermieri e operatori sanitari. I dirigenti – non tutti, non si deve mai generalizzare – invece, iniziano a capire che il lavoro che hanno svolto durante i loro incarichi era del tutto sbagliato – molta burocrazia, poca sostanza.

 

Quel continuo tagliare i costi, al solo scopo di aumentare i profitti, non ha consentito l’ottimizzazione del servizio sanitario pubblico al fine di garantire a tutti gli utenti il pieno accesso alle cure migliori. E questo a prescindere dalla posizione economico-sociale del paziente o dalla condizione pandemica del momento. I tagli agli ospedali, in tanti casi ridotti a meri poliambulatori, creano disagi tutti i giorni a malati e utenti – certa stampa e certa politica se ne sta accorgendo solo grazie alla crisi globale! Gli incarichi per la gestione delle Asl affidati ad amici – più o meno preparati – non hanno permesso di approfondire i problemi, ma di metterli semplicemente sotto il tappeto. I bilanci di fine anno hanno avuto la priorità rispetto alla cura dei pazienti. La pandemia ci ha messo di fronte a tutte queste distorsioni. Stiamo pagando un prezzo altissimo che, sia chiaro, non riguarda solo la sanità.

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