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Delusione scuola

Partiamo dal fatto: una pittrice finlandese, madre di quattro figli, trasferitasi con la propria famiglia a Siracusa, lascia la Sicilia e l’Italia per colpa del sistema scolastico reputato non adatto all’educazione e alla crescita dei propri figli. E così – spiegando tutto in una lettera aperta – lei, il marito e i figli si trasferiranno in Spagna dove sperano di trovare scuole e insegnanti all’altezza delle aspettative loro e dei loro figli.

In sintesi, la donna lascia la Sicilia lamentando la mancanza di giochi nell’asilo frequentato dal più piccolo dei figli, l’assenza di pause idonee e di edifici scolastici adeguati, la presenza di insegnanti arrabbiati-stressati-sull’orlo-dell’isteria, la mancanza di servizi idonei per garantire ai figli di raggiungere autonomamente la scuola in sicurezza e, infine, la delusione del figlio adolescente nello scoprire di conoscere l’inglese meglio del suo insegnante.

 

La notizia, che sta facendo il giro del web, rischia di diventare una non notizia a causa dell’apatia con la quale ormai sopportiamo qualunque situazione sgradevole.

Di più, alcuni si sono indignati nei confronti della madre finlandese, considerandola perfino saccente, se non presuntuosa. Insomma, cosa pretende, di vivere in Sicilia e avere un’istruzione adeguata per i loro figli? Vuole davvero che una scuola italiana del sud prepari le proprie creature all’Europa e al mondo?

Altri, coalizzandosi in fazione avversa come avviene sempre in Italia quando si legge una notizia, se la sono presa con docenti e dirigenti scolastici reputandoli i soliti provincialotti in salsa italica, incapaci di mostrare tutta la bellezza e la cultura che il nostro Paese vanta.

Naturalmente, l’analisi da fare richiede meno tifo da stadio e più critica circostanziata – se davvero si vuole partire da un fatto per conoscere il problema e, perché no, tentare di superarlo.

 

Se da un lato è vero che il sistema scolastico finlandese è tra i migliori al mondo – così ha replicato il sindaco di Siracusa, raggiunto dalla stampa, alla notizia del trasferimento della famiglia finlandese – è anche vero che rassegnarsi ad essere i peggiori non è una buona soluzione, soprattutto se si tratta della formazione delle nuove generazioni.

A maggior ragione, poi, se il sistema educativo in discussione è conterraneo del comisano Gesualdo Bufalino, che disse, in una frase attuale ed applicabile ancora oggi a più livelli del nostro tessuto sociale, che la mafia verrà sconfitta da un esercito di maestre elementari”. In quella “mafia” leggete – oltre naturalmente alla criminalità cui si riferiva Bufalino – il degrado culturale, ambientale, urbanistico, educativo, che conseguono ad una scarsa offerta culturale e formazione scolastica: ed ecco che quella frase è più azzeccata che mai!

 

Considerate per buone le parole del Sindaco di Siracusa, andrebbe poi rilevato che valutare un sistema scolastico (quello finlandese) tra i migliori al mondo non è sufficiente a giustificare lo stato del nostro sistema. Sarebbe anzi l’occasione per gli esperti del settore, e, ognuno per le proprie competenze, per gli addetti gli lavori di studiare, sviscerare, analizzare, approfondire quel sistema migliore per poterlo poi ricomporre ed applicare – ove replicabile – nel nostro Bel Paese.

 

Non tutti gli insegnanti, del resto, sono inadeguati o arrabbiati – forse stressati sì, lo sono tutti, e non per carattere o per inclinazioni personali, ma per le condizioni nelle quali spesso si trovano ad affrontare le sfide quotidiane, nella convinzione ormai diffusa e assodata che qualunque lavoro si svolga bisogna farlo gestendo lo stress (ammettendo pacificamente l’indiscussa presenza di situazioni logoranti praticamente per tutte le attività lavorative, insegnamento compreso).

 

Va detto pure – con altrettanta onestà intellettuale – che il sistema italiano si è nutrito negli ultimi anni di frotte di insegnanti di nuova generazione che, non trovando sbocco lavorativo in attività professionali in linea con i propri percorsi accademici, hanno dovuto ripiegare le proprie competenze in un’attività qualsiasi, che garantisse loro uno stipendio sicuro a fine mese.

Questo meccanismo ha inevitabilmente creato sacche di docenti demotivati, che, mossi solo dal bisogno di arrivare al ventisette del mese con una remunerazione certa, hanno accettato un’attività per loro pallosa e per nulla stimolante, trasferendo inevitabilmente quell’indolenza sugli allievi, sui colleghi e sull’intero sistema scolastico. Se, a tutto questo, aggiungiamo lo scarso impegno dei tecnici e dei burocrati dell’istruzione, insieme al limitato impiego di denaro pubblico negli investimenti scolastici – tanto nell’edilizia, quanto nell’aggiornamento del sistema e degli strumenti a disposizione di docenti e studenti – ecco che la reazione della pittrice finlandese è più che motivata, potendole rimproverarle solo una superficiale lettura del problema, la soluzione del quale, in ogni caso, non rientra nelle sue possibilità.  

 

La scelta di cambiare Paese, scuola e insegnanti darà ai suoi figli la possibilità di una formazione più completa e un’educazione stimolante, tutte aspettative alle quali molti studenti italiani non potranno aspirare e che, forse, molti dei loro genitori hanno perfino smesso di pretendere – conferendo a questa vicenda un sapore di consapevolezza amara più che di notizia.

 

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