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Non vendere un libro? La scelta peggiore

La mia libreria è come un Caffè Letterario a Tor Bella Monaca, vuole far riflettere” - queste le parole con cui una libraia di Roma ha chiuso un’argomentazione sul perché non vuole vendere il libro di Giorgia Meloni - “Io sono Giorgia” - nella sua libreria.

Chiariamo subito un punto: nella sua libreria, secondo la legge, la titolare può decidere di vendere o meno quello che gli pare. Questa scelta, però, seppur legittima, è una violazione della libera circolazione delle idee e denota una certa ritrosia al pensiero diverso, se non un evidente pregiudizio.

 

Partiamo dal principio che i libri non sono oggetti banali, come un pacco di caramelle. I libri - tutti i libri - raccontano qualcosa: un personaggio, una storia, un momento, un pensiero. Chiunque deve poter accedere ai libri per potersi fare una propria idea sul tema trattato da quel testo - anche, semplicemente, per disapprovarlo e confutare le argomentazioni espresse.  

Dunque, rispetto al libro della Meloni, possono verificarsi le seguenti cose: 1. Chi lo compra vota la Meloni; 2. Chi lo compra non vota la Meloni; 3. Chi non lo compra vota la Meloni; 4. Chi non lo compra non vota la Meloni. A queste ipotesi, segue una serie di varianti che in questa sede non conviene approfondire, ma, a titolo di esempio, c’è chi compra il libro non lo legge, e così via.

 

I libri sono espressione di punti di vista che chiunque deve poter leggere, senza - ripeto - dover per forza condividerlo.

E, dunque, perché negare un testo ai potenziali lettori? Pubblicità per la propria libreria?  Sarebbe legittimo, ma sconfortante. Anche perché non capisco come si possa considerare resistenza la censura, l’oscurantismo e la condanna di un libro che non si è ancora letto. Sarebbe più corretto parlare di preconcetto. Anche perché, parliamoci chiaramente, non sarà certo dalla divulgazione di un libro che Giorgia Meloni e il suo partito - Fratelli d’Italia - guadagneranno o perderanno consensi. Specialmente nell’epoca dei social network e dei talk-show politici a tutte le ore, di tutti i giorni della settimana - festivi compresi!

 

L’educazione e la formazione passa anche attraverso testi che non si condividono e, come sempre accade, questa forma di protesta porterà, da un lato a certa emulazione da parte di qualche altra libreria, dall’altra all’aumento delle vendite del libro in questione, beneficiario di una forma indiretta - e, immagino, non voluta - di pubblicità mediatica sopra la media.

Non so se comprerò il libro. Non so se lo leggerò. Vorrei, però, che ci fosse sempre e ovunque la possibilità di poter scegliere le proprie letture, di stimolare uno spirito critico, specialmente da chi la lettura e la cultura la vive tutti i giorni, come una libraia.

 

Ho letto che la libreria in questione - che non ho ancora avuto il piacere di visitare - oltre ai libri, offre “altri servizi, come i laboratori per i bambini, la musica e le presentazioni di libri con dibattiti”.

Ecco, i dibattiti servono a esternare idee, anche diverse, per dare la possibilità a chiunque di formarsi, informarsi e confrontarsi per avere, infine, un’opinione propria.

Per questo motivo non ha senso fondare dibattiti basandosi solo su idee sulle quali si è tutti d’accordo: la crescita culturale, la formazione delle coscienze e di un’etica, avviene attraverso il confronto, la ricerca di punti in comune, anche tra chi parte da concetti opposti. Del resto, in fondo, la diversità è uno dei valori che abbiamo conquistato con fatica, teniamocelo stretto, anche dando il buon esempio.

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