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La nuova “droga”: lo smartphone

 

Tutti usiamo gli smartphone. Ormai ci hanno invaso e, se usati con la giusta misura, ritengo siano strumenti utili e produttivi. Tuttavia, mi ritrovo spesso circondato da gente che ne è dipendente. Una riflessione che voglio condividere, prende le mosse da quanto successo durante il mio ultimo viaggio in aereo.

Questo il fatto: sull'aereo, mi trovavo seduto al centro e, alla mia sinistra, un signore di mezza età stava leggendo un quotidiano sportivo. Io, che da tempo mi sono imposto di non accendere il pc in volo per rilassarmi al massimo durante le ore di crociera, stavo leggendo un libro regalatomi qualche mese prima da una coppia di amici che vive all’estero. Alla mia destra, sul posto accanto al finestrino, un ragazzo di non più di quarant’anni affetto da dipendenza cronica da smartphone.

 

Di seguito i sintomi.

 

Sintomo numero uno. Appena arrivato in aereo, subito dopo aver disposto il trolley nella cappelliera, si è seduto ed ha iniziato a inviare fastidiosissimi - non tanto per i destinatari, quanto per quelli che come me si trovavano accanto - messaggi vocali su WhatsApp. Molesto si, ma non più di tanti altri che si incontrano in autobus, treno, aereo, ecc.

Sintomo numero due. Nei momenti di attesa tra l’invio e la ricezione, aggiornava freneticamente la home di facebook, per tenersi costantemente informato su quanto in quel preciso momento stessero facendo i suoi contatti. Che poi usare il termine "fare" riferito a chi trascorre il proprio tempo per ore su un social network a si può tradurre col "non fare nulla"! 

Fin qui, direte, è un caso normale. O meglio, nell'epoca in cui viviamo ci siamo abituati così tanto a questi comportamenti che riteniamo anomalo il comportamento contrario. Mi riferisco a quegli arcaici individui che preferiscono leggere un libro o scambiare quattro chiacchiere con altre entità non virtuali - si legga, esseri umani. Roba d'altri tempi.

 

Il segnale più evidente - e siamo al sintomo numero tre -  che mi ha fatto capire che il passeggero-della-poltrona-accanto fosse un “tossico irrecuperabile” di smartphone e social network è stato durante il volo, quando, a seguito della chiusura delle porte dell’aereo, il suo telefonino è rimasto (come del resto quello di tutti gli altri passeggeri) in “modalità aereo”. Pertanto il suo cellulare non poteva aggiornare le pagine, fare ricerche sui vari browser e inviare o ricevere messaggi da qualunque social.

 

Nonostante ciò, il mio vicino, che non ha mai alzato lo sguardo e rivolto un sorriso a nessuno di tutti quelli che lì, in carne ed ossa, eravamo i suoi compagni di viaggio per qualche ora, ha passato più di 40 minuti (q-u-a-r-a-n-t-a-m-i-n-u-t-i-!) a leggere e rileggere la pagina facebook che aveva caricato prima di spegnere il collegamento internet. Avviava dei video che si interrompevano dopo 5, 6 secondi e continuava a riavviarli sperando che ci fosse qualcos’altro oltre quella pagina. Niente, non vedeva niente e distratto com’era dal nulla dei social, non vedeva neppure il meraviglioso panorama di luci che si scorgeva dal finestrino dell’aereo in fase di atterraggio.

 

La diagnosi è evidente e, tuttavia non lo ritengo un caso limite circoscritto al mio occasionale compagno di viaggio. Ritengo che il fenomeno coinvolga davvero tutti, di qualunque ceto e formazione culturale. Quello che manca probabilmente è un'educazione all'utilizzo corretto dei nostri inseparabili supporti. Bambini di pochi anni "sedati" dai genitori che preferiscono mettere loro in mano uno smartphone piuttosto che prestare un pò d'attenzione per evitare che la naturale vivacità dell'infanzia crei pericoli ai propri piccoli.

Forse questo è il sintomo principale di questa nuova malattia che, in fondo, sta contagiando tutti e per la quale, al momento non sembra esserci medico o medicina adatta se non il buon senso, la buona educazione e la morigeratezza. 

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