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L'inutile tifo in politica

Ormai, da più parti, quando si sente parlare di politica sembra di stare di fronte a delle tifoserie da stadio. Tifo per un partito o una coalizione. Tifo per questo o quel leader, e così via.

Ma siamo sicuri che faccia bene questo sostegno sfrenato che, spesso, sembra più dettato dalle singole simpatie nei confronti di un leader che non dai contenuti e dai programmi politici proposti?

 

In principio fu Berlusconi. Lui, nell’epoca contemporanea, ha perfettamente incarnato l’idolo delle folle, il leader da amare (o da odiare). Molta gente era affascinata più dal personaggio che non dal programma di governo. Ebbe un sostegno, senza se e senza ma, da elettori interessati a difenderlo – a torto o a ragione, qui non importa – dagli attacchi giudiziari e dalla demonizzazione che ne faceva la sinistra di allora. Sinistra che, a sua volta, aveva creato una schiera di ultras contro Berlusconi – più contenuta nei numeri, ma più agguerrita nei modi. In questo modo, quella sinistra, invece di concentrarsi su concrete proposte di politica progressista, si è concentrata sul nome del suo avversario, con le conseguenze che conosciamo.

 

Oggi – in quella che alcuni si ostinano a chiamare terza repubblica – il tifo si è frazionato. Gli elettori si esaltano per un partito, un movimento, un leader in una società che non è più bipolare. La cosa più hanno a cuore è che il loro beniamino vinca le elezioni e governi. Quale sia il reale programma politico, sembra interessare meno.

Nei bar, quando non si parla di partite di pallone, si parla di politica come se fosse calcio. E, dal momento che quando si parla di calcio, tutti si atteggiano da allenatori o dirigenti, il rischio, in questo particolare momento storico, è che tutti si sentano ministri o premier in pectore con la ricetta pronta per risolvere le difficoltà del momento, che non tenga conto delle difficoltà di politica interna ed estera e delle relative competenze che si chiedono a chi pretende di governare.

 

Un inciso. La passione e l’entusiasmo sono linfa vitale per la politica. Meglio, molto meglio, appassionarsi alla cosa pubblica che non alle effimere maglie di squadre di calcio o – peggio – a singoli giocatori che, oggi più che mai, inseguono uno sponsor o un contratto milionario e non incarnano alcun valore sportivo che, una volta, poteva fungere da modello educativo per i più giovani.

 

E tuttavia, se l’entusiasmo in politica è il benvenuto, questo dovrebbe essere mosso verso il successo della Politica – quella con la “P” maiuscola – che garantisca un futuro, ma anche un presente, dignitoso al Paese in generale. Chiunque sarà al governo dovrebbe avere il sostegno di tutti, visto che tutti avremo delle conseguenze dal suo operato.

Solo dopo aver visto i singoli provvedimenti e le politiche applicate diventa doveroso schierarsi. E, nello schierarsi, non bisogna mai perdere di vista l’interesse primario: il Paese Italia, la sua economia, la sua politica estera ed interna, la sua cultura e la relativa valorizzazione, i suoi lavoratori e disoccupati, i suoi pensionati, studenti e imprenditori.

Poi, alla fine, con il principale strumento democratico – il voto – diventa d’obbligo esprimere il proprio giudizio all’interno della cabina elettorale, con quella libertà costituzionalmente garantita che permette di punire i cattivi amministratori della cosa pubblica e premiare i più bravi, qualunque sia lo schieramento al quale appartengono, senza lasciarsi trascinare da una “fede” – senza ragione – che, se giustificata nello sport, assume meno valore in politica. 

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