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Grillo, i grillini e l’ignoranza

Non nutro antipatia per Beppe Grillo. Anzi, quale comico l’ho sempre trovato divertente. Nei suoi spettacoli, poi, gli ho sempre riconosciuto una certa funzione sociale, specie quando portava alla luce vicende del nostro Paese che gli organi di stampa trattavano poco o niente. Il suo modo di fare spettacolo consentiva agli spettatori di guardare le cose da una prospettiva diversa - poi, come sempre, ognuno poteva condividere o meno le sue posizioni.

Ad un certo punto è diventato un politico - o quasi. Ha fondato un Movimento, che di fatto è diventato un partito, di cui è leader. Tuttavia non si è mai candidato o ricoperto incarichi istituzionali, ha sempre condizionato i suoi dall’esterno. Legittimo, lo hanno fatto anche altri, altrettanto legittimamente.

La sua presenza, però, è sempre stata ambigua: un po' politico, un po' comico - senza mai riuscire a distinguere il confine tra i due ruoli. Di questa confusione di ruoli, in ogni caso, i grillini non ne hanno mai risentito ed hanno continuato, negli anni, a ripetere gli slogan del loro leader.

 

Non ho mai compreso appieno la categoria dei grillini. La più eterogenea della storia della Repubblica. Essa include sotto lo stesso movimento simpatizzanti di destra, di sinistra - forse, perfino di centro -, antipolitici, anticasta, populisti, astensionisti, complottisti, anti-immigrati e pro-immigrati, e chi più ne ha più ne metta.

Tutti, però, accomunati da alcuni principi dettati dal leader. O, forse, più che di principi sarebbe più corretto parlare di slogan. Ce lo ricordiamo tutti il coro “onestà, onestà, onestà”, o le frasi fatte quali “apriremo le Istituzioni come una scatoletta di tonno”. Sono di pochi anni fa le espressioni di stizza nei confronti di tutti gli altri partiti: quel “mai col PD” suona davvero strano adesso, in un periodo in cui il Movimento 5 Stelle lavora ad una alleanza organica proprio con quel "partito di Bibbiano" così vituperato e disprezzato.

 

Il sistema interno del Movimento, fino a ieri, era abbastanza equilibrato: Grillo diceva qualcosa, i grillini obbedivano - alcuni per sincero convincimento, altri per pura convenienza. Ognuno ha le proprie ragioni e deve essere libero di credere in chi vuole, difenderlo e innalzarlo ad idolo. Pratica, quest’ultima, che a Grillo sembra piacere particolarmente.

Da un paio di giorni, però, qualcosa sembra aver fatto corto circuito. Il leader per eccellenza, il garante del Movimento, sembra aver una priorità più umana che politica: difendere suo figlio. Sulle accuse di stupro non ho elementi per giudicare, per quello c’è la magistratura che ha svolto, e sta svolgendo, le dovute indagini e che si esprimerà nelle sedi opportune.

 

Sul discorso in rete pubblicato da Grillo, però, va fatta qualche considerazione, sotto diversi profili.

 

Il profilo politico.

Agli avversari storici di Grillo non è sembrato vero. Hanno assistito ad un video di un paio di minuti in cui il leader dei 5 Stelle sembra essersi rimangiato anni di attacchi e di “vaffa” a tutti quelli che, di volta in volta, sono stati indagati a vario titolo. Il leader del partito che da sempre è considerato il più giustizialista, si trova a fare i conti con un nuovo garantismo che sembra aver spiazzato i grillini della prima ora.

All’interno del Movimento, infatti, ci si divide tra chi vorrebbe prendere le distanze da quella scomposta difesa di Grillo, e chi, invece, pone l’accento sull’aspetto umano di un padre, dimenticando che quel padre è anche il leader del partito che esprime la maggioranza relativa in Parlamento e che oggi sembra voler decretare, con un video, l’esito processuale di un procedimento in corso.

 

Il profilo giuridico.

Se l’incompetenza è stata sempre addossata ai grillini quale loro maggiore caratteristica, Beppe Grillo, con questo sfogo, ha rafforzato questa convinzione.

Ha mostrato, in poco meno di due minuti, di non conoscere il funzionamento del procedimento penale e del valore che nel nostro ordinamento assumono i codici e le norme in essi contenute.

Dal video, poi, emerge una lamentela sui tempi (“due anni”) delle indagini. Se ad un padre qualsiasi, ad un comune cittadino, possa essere permessa una rimostranza rispetto alle lungaggini processuali, non si può certamente avere la stessa indulgenza con il leader del Movimento che negli ultimi due anni (coincidenza?) ha espresso il Ministro della Giustizia in due diversi Governi.

Non si erano accorti, durante la reggenza di quel Dicastero, che i tempi dei processi sono tra i primi motivi di lamentela dei cittadini rispetto al tema della giustizia? Era forse impegnato, quel Ministro, a comprendere la differenza tra reato colposo e reato doloso, per potersi dedicare al miglioramento dell'efficienza della macchina giudiziaria?

Sul merito del reato, come detto sopra, è doveroso non trattare in questa sede, non potendo conoscere i fatti, né il fascicolo. Vorrei però citare l’articolo del codice penale che punisce la violenza di cui si parla, perché è una norma che negli anni è stata oggetto di evoluzioni, dibattiti e confronti istituzionali e che ha portato ad un ampliamento della tutela di tutte le vittime di violenze e abusi.

Art. 609 bis codice penale:

“Chiunque, con violenza o minaccia o mediante abuso di autorità, costringe taluno a compiere o subire atti sessuali è punito con la reclusione da sei a dodici anni.

Alla stessa pena soggiace chi induce taluno a compiere o subire atti sessuali:

1) abusando delle condizioni di inferiorità fisica o psichica della persona offesa al momento del fatto;

2) traendo in inganno la persona offesa per essersi il colpevole sostituito ad altra persona.

Nei casi di minore gravità la pena è diminuita in misura non eccedente i due terzi”.

 

Il profilo sociale.

Come dicevo, negli anni ci sono state parecchie battaglie in Parlamento e nel Paese, per affermare un principio di verità e di tutela delle vittime. Queste ultime, spesso, sono state accusate di denunce tardive, di essersela cercata, di aver provocato, ecc.

Premesso che ogni situazione è unica e va accertata di volta in volta, quello che non è tollerabile è l’accusa che Grillo muove alla presunta vittima, colpevole, a suo dire, di aver denunciato lo stupro otto giorni dopo il fatto!

Paradossale che chi voglia abolire la prescrizione, consideri tardiva una denuncia di una settimana su un tema così delicato, intimo e personale.

L’idea, poi, che ci si possa divertire in gruppo, in mutande, saltellando col pisello di fuori - queste le parole di Grillo - è talmente primordiale che neppure nelle pitture rupestri del Paleolitico si trovano rappresentate feste con tali usi.

Questo, ovviamente, non è un reato. Ognuno si diverte come vuole, specialmente a casa sua e a condizione che non faccia del male agli altri.

È solo cattivo gusto, di una certa educazione primordiale, troglodita. Quella sorta di goliardia da branco volgare che, alla fine del video, permette a Grillo di sentenziare su quel gruppetto: “sono quattro coglioni” - questa la sua verità. Sul resto, decideranno i magistrati.

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